La disartria

La disartria è un disturbo acquisito della comunicazione (insorge dopo l’acquisizione del linguaggio) causato da un danno al sistema nervoso centrale o periferico che compromette la funzionalità dell’apparato fonatorio.

Ne derivano debolezza, spasticità, incoordinazione, movimenti involontari, ipertonia, ipotonia, variabilità del tono dei muscoli che sono alla base di respirazione, fonazione, risonanza, articolazione, prosodia.

La disartria fa parte dei “disturbi motori della parola” o “MSD – Motor Speech Disorders”, ” e si manifesta con un deficit di controllo e coordinazione dei muscoli deputati alla produzione del linguaggio che appare impreciso, irregolare, lento e poco intelligibile.

Disartria

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Disartria e aprassia si differenziano dalle afasie

Nelle afasie a essere inefficiente è l’elaborazione delle unità linguistiche e il problema è prevalentemente ideativo e non motorio (pur potendo coesistere tutti gli aspetti).

Oltre alle disartrie acquisite (frequenti nell’adulto) non sono trascurabili le forme congenite, tipiche dell’età evolutiva, spesso caratterizzanti quel quadro patologico che va sotto il nome di paralisi cerebrale infantile; purtroppo in questi casi la disartria è solo uno dei tanti problemi che possono riguardare i movimenti in generale, le posture, la deambulazione, le competenze intellettive, linguistiche, relazionali ecc. del bambino.

Quali sono le alterazioni verbali nella disartria? 

La sede della lesione del danno neurologico caratterizza qualità ed entità delle alterazioni nella produzione verbale del soggetto disartrico; così, classicamente, le disartrie vengono suddivise in flaccide, spastiche, ipocinetiche, ipercinetiche, atassiche, miste, da lesione unilaterale del primo motoneurone.

Che cosa vuol dire, praticamente? Che possono essere esclusive o coesistere, in vario grado e misura, specifiche alterazioni della parola: consonanti imprecise, vocali distorte, interruzioni della parola, ipernasalità, voce monotona, rauca, strozzata, sussurrata, soffiata, velocità dell’eloquio accelerata o rallentata, silenzi inappropriati, inspirazioni forzate, difficoltà a rifornirsi d’aria, incapacità a controllare frequenza ed intensità della voce, tremore vocale, ripetizioni a tipo balbuzie, frasi brevi ecc..

Gli effetti “sociali” (sull’intellegibilità) possono essere minimi (isolate distorsioni consonantiche come in una paralisi flaccida che coinvolga i muscoli mimici facciali) o estremamente compromettenti, fino all’anartria (totale incapacità ad articolare parola come nelle fasi avanzate della SLA).

Il decorso di una disartria

Il decorso è variabile, in relazione all’età di insorgenza, alla sede della lesione, alla natura della patologia neurologica, in molti casi alla precocità degli interventi.

Può risolversi completamente dopo la riabilitazione (ad esempio dopo un ictus cerebrale); può cronicizzare (migliorare, ma fino a un certo punto, prendendo ad esempio sempre l’ictus o la PCI); può progredire, più o meno velocemente (come nella SLA o in altre malattie neurodegenerative).

Come trattare la disartria

A seconda della diagnosi neurologica, della localizzazione e estensione del danno, del suo andamento nel tempo possiamo:

Ridurre le difficoltà verbali migliorando la pronuncia; lo specialista dedicato a questo è il logopedista che oltre alle molteplici e più tradizionali tecniche di abilitazione e riabilitazione può avvalersi dell’aiuto del VoysAnalysis

Cercare di compensare le limitazioni sociali intervenendo sui comportamenti del paziente e della sua famiglia

Potenziare le abilità verbali residue fino a sostituirle facendo ricorso alla Comunicazione aumentativa e alternativa, per cui, anche nei casi più estremi (anartria) il paziente non resterà mai senza “voce” e senza la possibilità di comunicare.

Quando rivolgersi al medico

È necessario consultare un medico in presenza di cambiamenti anche trascurabili ma persistenti nel modo di pronunciare le parole e, ovviamente, nelle improvvise difficoltà a farlo; e, poiché noi per masticare e deglutire ci serviamo degli stessi organi che usiamo per parlare, anche quando compaiano minimi segni di disfagia (difficoltà a deglutire), come ad esempio tosse mentre o dopo aver bevuto o assunto cibo solido, o liquidi che fuoriescono dal naso.

Lo specialista competente è il neurologo che avvierà, ritenendolo opportuno, una serie di indagini strumentali e/o avvierà il paziente per un completamento del quadro clinico ad altri specialisti, come il foniatra, l’otorinolaringoiatra, il logopedista.

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